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L’Oceano che Respira

Le grandi foreste pluviali, le giungle e tutte le aree verdi terrestri sono state definite per anni il polmone della Terra, ma come noi, il nostro pianeta possiede due polmoni. Il secondo è l’oceano. Le foreste e gli oceani partecipano entrambi attivamente al ciclo del carbonio riciclando il diossido di carbonio dall’atmosfera trasformandolo in carbonio organico che le piante usano per crescere. Mentre uno di questi polmoni possiede grandi alberi che crescono lentamente durante le decadi, l’altro coinvolge microscopici organismi capaci di sopravvivere non più di poche settimane ogni anno. Due percorsi molto differenti che producono però risultati simili: regolare la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre.

Il “piccolo” polmone

I piccoli organismi nell’oceano vengono chiamati fitoplancton. Non sono più “spessi” di un capello umano e svolgono la medesima funzione delle grandi piante che si possono trovare nella foresta amazzonica. Oltre a questo, negli oceani se ne possono ritrovare miliardi di miliardi. Pensate all’affollamento di fitoplancton oceanico: se ogni organismo è in grado di catturare una piccola quantità di anidride carbonica, l’effetto totale potrebbe essere su scala planetaria.

Circa il 25% del diossido di carbonio nella nostra atmosfera viene “pompato” negli oceani, dove viene convertito in carbonio organico dal fitoplancton presente sulla superficie. Ma molto è ancora sconosciuto riguardo il destino di questo carbonio organico una volta penetrato nelle acque. Una parte finisce a regolare la catena alimentare, altro viene dissolto ed un po’ rilasciato in atmosfera ed infine una parte precipita nei fondali oceanici. Quest’ultima porzione risulta particolarmente curiosa ed interessante. Se il carbonio sprofonda abbastanza, questo può potenzialmente rimanere negli oceani per migliaia di anni evitando che ritorni in atmosfera. Viene in qualche modo “sequestrato”.

Fuochi d’artificio

Possiamo immaginare a cosa accade negli oceani come dei fuochi d’artificio. Dopo che sono esplosi, una parte molto luminosa e macroscopica ricade verso il suolo, mentre una parte più discreta, microscopica viene portata via dal vento prima di raggiungere il suolo. Nell’oceano, quando le condizioni sono giuste, la popolazione di fitoplancton esplode, creando una grande quantità di particelle di tutte le dimensioni. Le più pesanti affondano abbastanza velocemente da trasportare il carbonio che contengono a grandi profondità prima che vengano biodegradate. Le particelle più leggere scompaiono invece prima di avere una possibilità di affondare abbastanza in profondità.

Ad essere onesti, quanto detto finora è solo parzialmente vero. Questo paradigma è stato accettato solo perché gli oceani corrono “principalmente” in direzione orizzontale. In generale, è difficile per l’acqua muoversi dall’alto verso il basso e viceversa. Quando l’acqua si muove verticalmente lo fa molto lentamente, centinaia di volte meno rispetto al movimento orizzontale.

Tuttavia, gli scienziati hanno recentemente scoperto che, attraverso una serie di complessi processi in regioni veramente localizzare, le correnti verticali esistono, e possono essere molto potenti. Perché in questo articolo le abbiamo ignorate? Perché queste forti correnti sono troppo localizzate per essere viste da satelliti e troppo effimere da essere misurate in modo consistente dagli oceanografi nel mare.

Sempre più spesso, la comunità scientifica sta confermando che questi movimenti verticali di acqua negli oceani possono agire da elevatori capaci di trasportare particelle leggere dalla superficie fino a grandi profondità, comprese quelle non in grado di affondare indipendenti. Nonostante queste piccole particelle contengano meno carbonio di quelle grandi sono tuttavia molto numerose.

Queste scoperte hanno sottolineato la nostra conoscenza di come gli oceani regolano la quantità di anidride carbonica in atmosfera e di conseguenza hanno migliorato la nostra capacità di predire e quindi rispondere agli implacabili aumenti di biossido di carbonio in atmosfera.

Alcune domande

Per comprendere al meglio tutto questo dobbiamo porci una domanda. Come e dove questi elevatori si formano nell’oceano? Cosa succede alle particelle che si muovono verso il basso? Con quale velocità le correnti verticali devono spostare le particelle prima che queste vengano biodegradate? Qui è dove le cose diventano più complicate. Negli oceani quello che va giù deve tornare prima o poi su. Il che significa che se una quantità di acqua viene portata verso il basso da un elevatore, una medesima quantità di acqua deve essere portata verso l’alto da un altro elevatore.

Abbiamo ora quindi due meccanismi competitivi per il sequestramento del carbonio. Quando gli elevatori verticali sono assenti le particelle grandi precipitano tutte verso gli abissi e le particelle piccole vengono tutte biodegradate. Mentre, in luoghi in cui gli elevatori sono attivi, molte piccole particelle vengono spedite nei fondali oceanici, ma alcune grandi vengono rispedite in superficie, quindi, meno raggiungono i fondali. Qual è l’effetto netto?

La spedizione

A causa del fatto che le correnti verticali sono sia localizzate che di breve durata, è difficile osservarle direttamente negli oceani. La NASA ha recentemente messo assieme una impressionante spedizione per ottenere osservazioni di campi di particelle che affondano cercando di correlarle con le osservazioni satellitari della superficie oceanica. Questo programma è chiamato EXPORTS (Export Processes in the Ocean from Remote Sensing).  Nel frattempo, alcuni ricercatori del WHOI (Woods Hole Oceanographic Institution) si stanno servendo di modelli oceanici numerici. Questi avanzati programmi computerizzati permettono di riprodurre le proprietà degli oceani reali (correnti, temperatura, salinità, etc.) ed i loro processi, comprese le correnti verticali. Nel confort del loro ufficio, possono aggiungere in modo immaginario particelle di differenti dimensioni e diverse velocità di affondamento ed osservare che succede mentre il tempo passa.

I risultati preliminari hanno rivelato che le correnti verticali ed orizzontali sono strettamente correlate. Nelle regioni in cui le correnti orizzontali sono molto forti, l’acqua tende a fluire diventando instabile, creando vortici. Questi, ruotando come degli uragani, generano correnti verticali negli oceani. I modelli computerizzati sono in grado di simulare questi vortici. Inserendo al loro interno particelle, i ricercatori hanno scoperto che i vortici sono molto efficienti nel trasporto delle piccole particelle negli abissi molto più rapidamente di quanto ipotizzato.

Gli alveoli oceanici

Queste nuove scoperte potrebbero cambiare l’attuale conoscenza dei nostri oceani e del loro ruolo nella regolazione del diossido di carbonio in atmosfera. Probabilmente ad oggi i processi conosciuti sono tutti sottostimati. Nelle decadi passate c’è stata una buona comprensione dei polmoni oceanici nel sistema respiratorio della Terra. Oggi l’attenzione di sta spostando anche sugli “alveoli oceanici”, queste piccole regioni che presentano correnti verticali che potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella regolazione climatica.

Testo: Luca Tonietti

Foto e fonti: https://www.whoi.edu/oceanus/feature/the-living-breathing-ocean/