You are currently viewing Chaenocephalus Aceratus, il Pesce dal Sangue Bianco

Chaenocephalus Aceratus, il Pesce dal Sangue Bianco

Questo pesce e’ l’unico vertebrato con il sangue “bianco”. E’ privo di qualunque dei molti pigmenti per il trasporto dell’ossigeno nel sangue.

Il 25 Febbraio 2019 su “Nature Ecology e Evolution” viene pubblicato uno studio di genomica che porta l’attenzione sul pesce ghiaccio dalla pinna nera, che nuota nelle gelide acque al largo delle coste dell’Antartide. Non possiede scaglie e ha ossa trasparenti. Non possiede pigmenti respiratori come l’emoglobina perché l’ossigeno si diffonde dall’acqua di mare nel circolo del plasma sanguigno attraverso grandi branchie e la pelle liscia.

Osservando il genoma i ricercatori sono riusciti ad osservare gli adattamenti evolutivi che gli hanno permesso di sopravvivere. Alcuni sono comuni ai pesci a sangue rosso che vivono nelle acque antartiche (come la presenza di geni supplementari per la produzione di proteine antigelo) altri sono più strettamente legati alla mancanza di globuli rossi, come l’aumento degli enzimi che proteggono i tessuti dall’ossigeno altamente reattivo presente nel sangue.

Quello che rende questo pesce cosi’ bizzarro e’ la norma negli invertebrati, i quali hanno i geni per le emoglobine ma per il loro sangue si servono di altri pigmenti metalloproteici. Insetti, crostacei e altri artropodi usano l’emocianina (blu), idem i molluschi (evoluzione indipendente). Alcuni vermi usano l’emeritrina (viola), altri la clorocruorina (verde) altri ricorrono alla combinazione di più pigmenti. Gli invertebrati nel corso dell’evoluzione hanno per cui sperimentato compulsivamente i pigmenti, mentre i vertebrati sono rimasti universalmente fedeli al sangue con globuli rossi ed emoglobina.

Fin dall’inizio della vita, le cellule hanno avuto bisogno di spostare gli elettroni tra le molecole come parte del loro metabolismo, questo per controllare le reazioni redox. A tal fine le cellule impiegano gli anelli porfirinici con al centro un atomo metallico con forte affinita’ per l’ossigeno. 
L’emoglobina (Hb) e’ emersa da quattro proteine globiniche interconnesse ciascuna con un eme. E’ diventata rapidamente ubiquitaria. Secondo Mark Siddal, curatore della sezione di biologia degli invertebrati all’American Museum of Natural History, le emoglobine precedono l’origine degli animali e anche di LUCA (last universal common ancestor).

Il segreto del successo dell’emoglobina è il legame collaborativo: quando il pigmento lega una molecola di ossigeno, può legarsi ancora più facilmente alla molecola successiva, fino a quando tutti e quattro i posti vacanti sono riempiti.

L’emocianina è invece meno efficiente dell’emoglobina nel catturare l’ossigeno perché, come le altre alternative all’emoglobina, di solito non si lega in modo collaborativo. Ma lo svantaggio del legame collaborativo dell’emoglobina è che funziona peggio quando la disponibilità di ossigeno è ridotta. Inoltre, l’efficienza dell’emoglobina diminuisce con la temperatura. Di conseguenza, per le creature che, come polpi e granchi, vivono sopra o vicino al freddo fondale dell’oceano, l’emocianina può essere una scelta più opportuna. Situazioni simili valgono anche per l’emolinfa o l’emeritrina. Anche se i pigmenti ematici alternativi sono generalmente meno efficienti dell’emoglobina nel catturare l’ossigeno, hanno un vantaggio in termini di semplicità: di solito non hanno bisogno di cose come i globuli rossi per trattenerlo. Inoltre Hb e’ minacciata da molecole come il monossido di carbonio o l’ossido nitrico.

I primi organismi avevano a disposizione molti pigmenti che controllavano l’ossigeno. Ma una volta che i lignaggi di alcuni organismi hanno iniziato a usarne uno per certi scopi, può essere stato difficile se non impossibile rivedere drasticamente la scelta. L’insolito sangue del pesce ghiaccio non contraddice questa generalizzazione, anzi la conferma. Quando, negli anni cinquanta, i biologi scoprirono che il pesce ghiaccio aveva il sangue chiaro, supposero che si trattasse di un adattamento al freddo. Un lavoro più recente, tuttavia, ha indicato che la perdita di geni dell’emoglobina da parte del pesce ghiaccio era stato un fortunato incidente.

Nella maggior parte degli ambienti quella mutazione sarebbe stata fatale. Ma poiché le acque fredde dell’Antartide contengono più ossigeno disciolto rispetto all’acqua più calda, e poiché gli antenati del pesce ghiaccio probabilmente avevano già avuto alcuni adattamenti che li aiutavano a prosperare al freddo, i pesci sopravvissero.

Testo: Le Scienze – Luca Tonietti
Foto: thefisheriesblog.com
Fonti: https://www.nature.com/articles/s41559-019-0812-7
Pikaia.eu