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Abiogenesi

Numerose sono le ipotesi circa l’origine della vita sulla Terra, quella più accreditata è che i primi esseri viventi si siano formati a partire dalla materia inorganica, attraverso reazioni chimiche di sintesi avvenute sul nostro pianeta circa tra i 4,4 e i 2,7 miliardi di anni fa. 

Ivanovich Oparin (biochimico russo) e John Haldane (genetista inglese) sono stati i primi due scienziati, intorno al 1920, a ipotizzare che l’atmosfera terrestre primordiale fosse ricca di materiale inorganico (ammoniaca, metano, anidride carbonica e acqua) che nelle opportune condizioni si sarebbe trasformato in materiale organico. È curioso notare l’assenza dell’ossigeno molecolare, la cui presenza avrebbe impedito numerose reazioni. Le reazioni necessarie per questi processi richiedono una grande disponibilità di energia che in quel periodo storico derivava dalle radiazioni ultraviolette, dall’attività vulcanica intensa, dalle tempeste di fulmini e dalle tempeste magnetiche. Grazie a queste “condizioni sperimentali” si ipotizza che si sia formata una grande quantità di composti organici i quali si sono accumulati nei mari e nelle pozze d’acqua primitive. Qui, insieme alla giusta composizione del suolo, formato da feldspati e olivine hanno avuto origine le prime vere e proprie molecole biologiche come gli acidi nucleici, gli aminoacidi e i lipidi che hanno costituito poi le membrane cellulari e le cellule per come si conoscono oggi. 

Questa ipotesi ha consentito di superare il concetto che per avere un vivente c’è necessità di partire da un vivente. Ovviamente, il passaggio da sistema non-vivente a organismo vivente non è stato un singolo evento, ma un processo lento e graduale che ha sempre più aumentato la complessità del sistema stesso. 

La “dimostrazione” dell’abiogenesi verrà trattata in un post successivo, in cui si parlerà del famosissimo esperimento di Miller.

Testo: Luca Tonietti
Foto: irre.toscana.it
Fonte: A Strategy for Origins of Life Research, Astrobiology vol 15, 2015. DOI: 10.1089/ast.2015.1113